Appalto di servizi o somministrazione abusiva di manodopera nelle coop

Le cooperative di produzione e lavoro svolgono spesso la propria attività d'impresa impiegando in via prevalente, se non esclusiva, le sole prestazioni lavorative dei soci lavoratori.

In taluni casi, infatti, la tipica attività dell'impresa cooperativa non richiede l'impiego di particolari risorse, quali i capitali rilevanti, le strutture produttive, le attrezzature tecnologiche, ma piuttosto si fonda sul mero lavoro personale dei soci cooperatori.
Questo è il caso, ad esempio, delle cooperative che svolgono lavori di pulizia o facchinaggio, lavori di manutenzione d'impianti, lavori di assistenza alle strutture di ospitalità per anziani e, in generale, che forniscono servizi a favore di altre imprese.
Se, dunque, la cooperativa di produzione e lavoro stipula con altra impresa il contratto di appalto per la fornitura dei servizi sopra citati, è chiaro che l'oggetto del negozio finisce per essere la mera prestazione di manodopera dei soci cooperatori, utilizzata dall'impresa appaltante.
Occorre, allora, chiedersi se sia lecito un tal tipo di contratto avente ad oggetto il semplice trasferimento di manodopera, soprattutto nel caso in cui il lavoratore, socio della cooperativa appaltata debba necessariamente inserirsi nel ciclo produttivo della struttura imprenditoriale committente.
In quest'ultimo caso, infatti, la specifica problematica si acuisce maggiormente, posto che il lavoratore socio della cooperativa appaltata rischia di perdere la sua autonomia rispetto alla struttura del personale dell'impresa committente.
Ciò accade, ad esempio, allorquando il predetto socio lavoratore sia necessitato ad osservare l'orario di lavoro imposto dalla committente, ovvero sia destinatario delle disposizioni a lui impartite dalla dirigenza di tale ultima impresa.
La corretta risposta alla problematica della liceità del contratto d'appalto passa allora per la vigente normativa, contenuta nel decreto legislativo n. 276 del 10 settembre 2003, che disciplina la somministrazione di manodopera e sanziona penalmente le relative violazioni.
Secondo la predetta normativa, solamente i soggetti autorizzati (Agenzie per il Lavoro) possono somministrare manodopera, divenendo così intermediari tra il soggetto prestatore di lavoro e il soggetto utilizzatore di quella prestazione.
In assenza della succitata autorizzazione, l'attività di somministrazione costituisce illecito penale, con la previsione di sanzioni tanto per il fornitore delle prestazioni lavorative, quanto per l'utilizzatore.
Per non incorrere nelle predette sanzioni, quindi, occorre che la cooperativa di produzione e lavoro regoli le clausole del contratto di appalto e ne curi l'esecuzione, in modo da differenziare la fornitura dei servizi appaltati dalla somministrazione di manodopera, la cui fattispecie è regolata dal decreto legislativo n. 276/03.
E', innanzitutto, fondamentale che vi sia l'assoluta coerenza tra il regolamento interno di cui all'art.6 della legge n.142/01 e il contenuto delle clausole regolatrici del contratto di appalto dei servizi forniti dalla cooperativa.
E', cioè, necessario che queste ultime clausole regolino la fornitura dei servizi in modo che le relative prestazioni lavorative siano sostanzialmente e formalmente in perfetta armonia con quanto previsto dal predetto regolamento interno.
L'oggetto del contratto d'appalto, pertanto, non può discostarsi dal ciclo lavorativo previsto dal regolamento interno della cooperativa, la cui osservanza è bene sia espressamente richiamata nelle clausole contrattuali di che trattasi.
Occorre, poi, osservare alcuni di quei criteri distintivi che caratterizzano l'appalto di servizi mediante prestazioni lavorative e lo differenziano dalla somministrazione di manodopera.
A tal proposito, rileva in evidenza il rischio d'impresa, nel senso che la produttività delle prestazioni lavorative rese dal socio cooperatore debba incidere direttamente ed esclusivamente nella sfera economica della cooperativa appaltata, lasciando alla committente il solo risultato finale della prestazione lavorativa fornita.
Segue, poi, il rapporto di dipendenza del lavoratore, che deve essere riconducibile esclusivamente alla cooperativa appaltata, consentendo alla committente la sola eventuale regolamentazione dell'inserimento del lavoratore medesimo nel più ampio ciclo produttivo aziendale.
Le prestazioni lavorative del socio lavoratore, quindi, devono essere sotto il diretto controllo della cooperativa appaltata, mentre la committente potrà disporre dei luoghi e dei tempi esclusivamente al fine di non intralciare il proprio ciclo produttivo aziendale.
E' bene, dunque, che le clausole del contratto di appalto regolino minuziosamente l'inserimento del socio lavoratore nel ciclo produttivo dell'azienda appaltante, evitando ogni possibile commistione sulla fonte direttiva e disciplinare delle prestazioni lavorative inerenti l'attività appaltata.
Va, ancora, considerato il grado di specializzazione del socio lavoratore, nel sesno che, tanto più esso è elevato, quanto maggiormente contribuirà a collocare la prestazione lavorativa nell'ambito dell'appalto di servizi fornti dalla cooperativa di produzione e lavoro. E' il caso, ad esempio, del contratto di appalto per la manutenzione di impianti tecnologici, che presuppone l'alta specializzazione del soggetto preposto all'esecuzione della prestazione appaltata.
Una tale specializzazione, quindi, comporta che le prestazioni lavorative siano certamente dipendenti dalla cooperativa appaltata, quale soggetto contrattualmente tenuto a verificare l'idoneità tecnica delle prestazioni medesime e a garantirne la regolare esecuzione.
Alla luce delle considerazioni che precedono, si può concludere affermando che l'appalto di servizi delle cooperative di produzione e lavoro, ancorchè consistenti nella mera prestazione di manodopera, va ritenuto lecito ogniqualvolta l'attività lavorativa sia riconducibile al potere direttivo e al coordinamento dell'impresa appaltata.
Affinchè il contratto d'appalto sia lecito, pertanto, vanno inserite tutte quelle clausole tese a regolare l'esecuzione delle prestazioni lavorative oggetto della fornitura, nonché a individuare la fonte direttiva cui esse sono prioritariamente sottoposte. 

 

Articolo di G. Cannavò (avvocato patrocinante in Cassazione)

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